Quale democrazia per la libertà?

2022-03-23

Flavio Felice

Alcuni ritengono che il conflitto russo-ucraino altro non sia che lo scontro tra due culture politiche inconciliabili e, per questa ragione, reciprocamente escludenti, una volta che entrano a stretto contatto. Hall Brands, dell’American Enterprise Institute, ha affermato che, in fondo, si tratta di un confronto tra sostenitori e oppositori dell’ordine esistente, di quell’ordine di sicurezza internazionale scaturito dal crollo del sistema sovietico. Ad oggi, le democrazie occidentali si stanno coalizzando per costringere Putin a pagare un prezzo molto elevato per l’azzardo assunto e se il popolo ucraino dovesse resistere ancora qualche giorno all’offensiva russa è molto probabile che la strategia di Putin vada in crisi e con essa potrebbe precipitare anche il suo potere. In definitiva, il successo delle sanzioni e delle misure di sostegno all’Ucraina sancirà il destino delle democrazie liberali, se avranno un futuro o se dovranno fare i conti con un domani irto di insidie.

Appena pochi giorni fa David Brooks, sul “New York Times”, scriveva che “abbiamo bisogno di fortificare le istituzioni” che promuovono le abilità necessarie ad innescare processi democratici. Sappiamo bene che tali abilità non sono un dato naturale né il frutto di qualche fantasmagorico incantesimo, nessuno possiede la bacchetta magica perché si manifestino nel cuore delle persone, per poi essere implementate nelle istituzioni politiche, economiche e culturali; l’homo democraticus non si esporta.

Sono le abilità che ci consentono di misurare tempestivamente le possibili minacce, che ci permettono di riconoscere una serie di principi e di idee che giudichiamo irrinunciabili per la realizzazione di una società libera e democratica. Sono le abilità tipiche dell’homo democraticus, il cui “stato sociale” – tocquevillianamente parlando – è perimetrato dai principi stessi della società libera: fallibilismo, discussione critica, tolleranza, libertà di coscienza. L’homo democraticus dubita sistematicamente e questa è la sua unica certezza. Così l’homo democraticus impara dai propri e altrui errori, si tiene alla larga dai pregiudizi, rispetta le idee altrui, anche quando non le condivide, perché sa che intraprendere la via della discussione critica rappresenta l’unico modo per poter scorgere il sentiero che lo porterà temporaneamente fuori dalla caverna dell’ignoranza.

Sono le abilità che fanno dell’homo democraticus un soggetto scettico nei confronti del sentimento credulone, del complottismo terrapiattista e del peggior catastrofismo ambientalista, di quel pensiero apocalittico che vede nell’essere umano una minaccia per la natura. È questa un’amara rappresentazione del regno dei demagoghi, di tutti quei sistemi che hanno trionfato negli ultimi sciagurati anni: sovranisti, populisti, catastro-ambientalisti, adulti con scarse e confuse idee e adolescenti con idee sopravvalutate, tutti accomunati dall’insana pretesa di ridisegnare il mondo, magari servendosi di qualche modesta formula, spacciata per modello predittivo infallibile.

Le abilità di cui disperatamente necessitiamo sono invece quelle che preservano l’homo democraticus dalla deriva radicale e massimalista; un aderiva che non consente di comprendere le ragioni del regolato conflitto politico e del relativo gradualismo, sempre alla ricerca di una sintesi chiusa che costringa il pensiero altrui dentro la propria gabbia ideologica. Una deriva, solitamente populistica e, negli ultimi anni, anche sovranista, che impedisce di cogliere la complessità della realtà e il ruolo essenziale delle istituzioni, soffocando con la demagogia e con una propaganda triviale il tentativo di raggiungere un compromesso tra coloro che accolgono e favoriscono il fallibilismo, la discussione critica, la tolleranza, la libertà di coscienza; le abilità – appunto – necessarie alla vita liberale e democratica.

Brooks afferma che democratici non si nasce, ma, eventualmente, si diventa e che se vogliamo vivere in un futuro degno dell’homo democraticus, dovremmo cominciare seriamente a mettere a tema come far emergere tali abilità che non albergano già sviluppate nel cuore delle persone, ma che possono maturare in ciascun essere umano, occupandoci tanto di coloro che così platealmente stanno tentando di demolire le nostre democrazie liberali, quanto di coloro che ostentano una competenza democratica fuori dal comune, per il solo fatto di non credere in nulla; sono gli stessi che stabiliscono che tale sia la condizione per essere degli autentici democratici. Credo sia giunto il momento di chiederci perché e in nome di quali principi e di quali valori la loro democrazia dovrebbe essere anche la mia e se la loro democrazia si sia mostrata sufficientemente forte per resistere alle incursioni delle cosiddette “democrature”: le “democrazie illiberali”.

Evitiamo di commettere l’errore di credere che l’operazione russa in Ucraina sia una crisi confinata nel perimetro della martoriata Europa dell’Est. In realtà, si tratta della crisi più devastante dai tempi della seconda guerra mondiale e ci interroga su quale idea di democrazia e di libertà intendiamo promuovere in Europa e nel mondo.